Il controllo dell’imboccatura attraverso l’uso del labbro superiore

La maggior parte dei clarinettisti ritiene i seguenti punti come cruciali per quanto riguarda una buona imboccatura: il mento deve essere teso e rivolto verso il basso, l’ancia deve poggiare sul labbro inferiore, una porzione del labbro inferiore deve coprire i denti inferiori mentre i denti superiori poggiano sul becco a circa 1,25 cm dalla punta del becco stesso; il clarinetto deve formare con il corpo dell’esecutore un angolo di circa 30 o 40 gradi, le labbra devono chiudere il tutto ermeticamente e gli angoli della bocca devono essere rivolti verso l’alto in una specie di sorriso.

Per quanto queste raccomandazioni siano vere e siano d’aiuto nell’ottenimento di un suono gradevole e controllato, bisogna fare delle osservazioni. Molti docenti saranno d’accordo nel notare che gli studenti incontrano spesso le seguenti criticità:

  • difficoltà nel controllo dei salti più ampî, specialmente discendenti;

  • difficoltà nel controllo delle dinamiche e del suono nel registro acuto;

  • difficoltà nei cambi di registro;

  • difficoltà di articolazione nel registro acuto.

In questa situazione, la tensione nell’esecutore aumenta nel tentativo di produrre un bel suono. Un supporto diaframmatico insufficiente, unito ad un irrigidimento delle labbra e della gola porta ad una tensione eccessiva durante l’esecuzione, i cui indizi più comuni sono: movimenti involontari delle sopracciglia, eccessiva pressione delle dita sulle chiavi e sui fori, segni di evidente pressione eccessiva dei denti sul labbro inferiore. Queste problematiche sono tutte deleterie verso il risultato sonoro.

Il clarinettista deve imparare a ridurre la tensione sul labbro inferiore; molti clarinettisti si lamentano di un labbro inferiore dolorante. La ragione è semplice: se i denti superiori “scavano” sul becco, questa compressione si ritorce sul labbro inferiore. In questi casi, è auspicabile un intervento sull’imboccatura: non bisogna esitare, spesso bisogna cambiare davvero poco e i risultati si possono vedere in un tempo ragionevolmente breve. Il labbro inferiore deve funzionare come un cuscinetto morbido, in modo da abbassare l’intonazione nel registro di gola e in modo da produrre il tanto agognato suono caldo e rotondo; ammorbidire il labbro aiuta a sciogliere la tensione.

A questo punto la domanda sorge spontanea: “Come faccio ad avere il massimo controllo sull’imboccatura senza sentire dolore?”

La risposta sta nel labbro superiore, troppo spesso ignorato quando si ragiona sull’imboccatura. Il labbro superiore deve mantenere il becco nella sua posizione e agire come contrasto verso il labbro inferiore e verso i denti superiori. La procedura per sistemare l’imboccatura non è particolarmente complessa:

  • lo studente deve arricciare il labbro superiore contro i denti (senza avvolgerli, non stiamo applicando l’imboccatura a doppio labbro!);

  • lo strumento deve essere introdotto in bocca in posizione orizzontale;

  • lo strumento può essere ora abbassato in posizione normale.

Uno specchio può aiutare lo studente a controllare bene questi cambiamenti, che potranno anche essere percepiti come naturali. I vantaggi di questa accortezza sono svariati: lo studente controlla una cavità orale più ampia, ottenendo una maggiore risonanza e un maggior controllo nel registro acuto e negli intervalli ampî. Infine, ma non per importanza, la tensione e il conseguente dolore vengono alleviati.

Ferdinando Sebastiani, il padre dei clarinettisti.

Oggi vi parlo di un clarinettista e compositore che mi sta particolarmente a cuore, in quanto lo ritengo una pietra miliare nella storia di questo strumento: sto parlando di Ferdinando Sebastiani (1803-1860). L’opera di Sebastiani più conosciuta è il suo Metodo per Clarinetto, pochissimo usato, ma ricco di efficaci spunti didattici e degno di essere riscoperto.
Un altro aspetto interessante che emerge dallo studio di questo personaggio è la capacità compositiva di chi studiava a Napoli, anche degli strumentisti. Ferdinando Sebastiani, in effetti, aveva studiato con uno dei più grandi insegnanti di composizione dell’epoca, Fedele Fenaroli (1730-1818), e, dunque, seppure ebbe una carriera di grande successo come clarinettista, non disdegnava l’arte della composizione, specialmente per il suo neonato strumento, ancora orfano di una letteratura di rilievo.
Aveva, inoltre, studiato clarinetto al Real Collegio di Musica di San Sebastiano con Michele Rupp, clarinettista e direttore del I Reggimento Granatieri e primo clarinetto nelle orchestre del Teatro del Fondo e del Teatro San Carlo.

Perché è così importante Ferdinando Sebastiani? Per tutti gli spunti didattici che piano piano vi spiegherò sul sito; inoltre, per aver scritto delle fantasie d’opera per clarinetto e pianoforte davvero degne di esecuzione, come Un piccolo fioreFantasia sull’opera Semiramide.

Il Clarinetto

Il clarinetto è uno strumento aerofono ad ancia semplice battente. Difficile? Lasciate che vi spieghi meglio. Per cominciare, il clarinetto è uno strumento a fiato: questo vuol dire che, per suonare, ha bisogno di qualcuno che ci soffi dentro. Chiaro? Bene, per l’organologia, cioè la disciplina che studia il funzionamento degli strumenti musicali, questa famiglia di strumenti si chiama famiglia degli aerofoni. Detto questo, il clarinetto per funzionare ha bisogno di un’ancia, cioè una linguetta di canna che, stimolata dal fiato dell’esecutore, vibri e dia origine al suono. Sufficiente? No, ci stiamo dimenticando l’ultima parte della definizione, ossia battente. Dove batte l’ancia? L’ancia batte su una struttura chiamata bocchinobecco. Tra l’ancia e il becco c’è uno spazio che permette all’ancia stessa di vibrare, sollecitata dall’aria dell’esecutore; il movimento oscillatorio dell’ancia tra il labbro dell’esecutore e l’estremità superiore del bocchino, si traduce in un’onda sonora. L’ancia e il bocchino sono tenuti insieme da una struttura chiamata fascetta. Ecco come nasce il suono del clarinetto.

Lo strumento, costruito solitamente in ebano, invece, si divide nelle seguenti parti:

  1. come già accennato, il bocchino;
  2. il barilotto
  3. il pezzo superiore
  4. il pezzo inferiore
  5. la campana, o padiglione.

Qualche immagine sarà certamente di aiuto. Per qualsiasi dubbio, non esitate a contattarmi!

Ancia
Barilotto
Bocchino
Campana
Fascetta
Pezzo superiore

Pezzo inferiore

Benvenuti

Benvenuti a Scuoladiclarinetto.it, il portale che vi guiderà attraverso il meraviglioso mondo del clarinetto. Perché questo strumento? Lascio a voi le parole di un importante musicista e filosofo dell’Ottocento, Raimondo Boucheron.

Questo istromento può dirsi il violino delle musiche militari, essendo quello che meglio vi può supplire, sia per l’agilità di cui è suscettibile, sia per l’estensione e per la bella pienezza del suono atto a farsi udire all’aperto. Il suono del clarinetto (quando sia suscitato da esperte labbra) gareggia colla voce della bellezza, pieno di grazia e di armonia, si associa con tutti gli altri stromenti a fiato, e tutti li abbellisce. Il clarinetto è di varie misure dal clarone o corno bassetto in tono di fa che è il più basso, e (non sapremmo il perchè) ormai fuor d’ uso, al piccolo clarino pure in fa e in sol che è il più acuto. Nelle moderne orchestre i buoni professori omai non adoprano che quello in Bfa o si bemolle colle modificazioni introdottevi dal celebre Muller, e questo si riconosce per lo più preferibile a motivo dei suoni dolci e robusti ad un tempo. Il clarino in la è più cupo, e quello in do è nei tuoni più acuti alquanto aspro e stridulo, sebbene più brillante. Troviamo adoperato da Mozart nella sua gran Messa da Requiem il corno bassetto o clarone in fa, invece del solito clarinetto,
il che dà un effetto magico e sommamente consono alla funerea pompa.

Raimondo Boucheron, Filosofia della Musica, Ricordi, Milano, 1842, p. 40.